Se google non usasse (solo) Adsense

Qualche settimana fa, se provate a fare una ricerca su Google con il termine blog, ecco come si presentava la pagina dei risultati:

ricerca per blog in google

Appena sotto la prima sponsorizzazione Adsense, compare una pubblicità made-in-google che conduce direttamente a Blogger, il loro servizio di creazione weblog.

Poiché anche la prima posizione è di Google, non sussiste nessun problema, ma provate a immaginare se al posto del primo spazio ci fosse una vostra inserzione: ne sareste contenti?

Anche se comparirebbe in prima posizione, esistono almeno due fattori che spingerebbe gli utenti a cliccare sul secondo link:

  • è corredato da un’elegante immagine
  • riporta la scritta “tip”, suggerimento, mentre invece sempre di pubblicità si tratta

Google ha poi rimosso questo tipo di sponsorizzazione, ma la domanda che mi pongo è: tutti questi esperimenti perché si rendono conto che il loro Adsense gli produce pochi risultati?

Per un (bravo) blogger gli sponsor non sono tutto

Chris Anderson di The Long Tails punta a un intervento di Guy Kawasaki, un “factotum” del web, che a fronte di 2 milioni di page view all’anno e di 21.000 iscritti ai feed Rss ha guadagnato con la pubblicità del suo weblog poco più di 3000 dollari.

Non molto effettivamente (in proporzione il click rate su Fucinaweb è decisamente migliore, se si considera che è perfino nella poco diffusa lingua italiana). Anderson nota quindi come non sia facile anche per chi gode di ottima credibilità riuscira a sopravvivere con il proprio sito: “meglio non abbandonare “il proprio posto di lavoro”.

Ma perché guardare solo all’aspetto economico diretto? Sono convinto che Kawaski, grazie alla professionalità dimostrata negli interventi del suo weblog, sia riuscito a costruire un network di contatti e amicizie che gli permettono di lavorare e collaborare più di quanto facesse prima.

Numerosi sono anche gli esempi (mi viene in mente per esempio Cliff Atkinson ma ce ne sono decine) di autori che hanno cominciato a dimostrare di cosa erano capaci nel loro weblog e sono stati contattati per poi scrivere un libro apprezzato (nel caso di Atkinson per Microsoft Press).

Se riesco a collaborare con riviste e siti che parlano degli stessi temi di Fucinaweb è proprio grazie a questo sito che è online ormai da 5 anni. Fin da quando l’ho messo online (e allora non era un weblog) ero sicuro che non ne avrei ricavato un fonte di sostentamento, ma che mi avrebbe dato, se ci sapevo fare, un po’ di visibilità.

Non fermiamoci come sempre ai primi dati numerici, alle classifiche, ai conti. La vita economica di un weblog è (per fortuna) ben più complessa.

Pay per interest

Da qualche tempo ho inserito (discretamente) le inserzioni pubblicitarie AdSense in Fucinaweb con l’obbiettivo di coprire i costi di hosting del sito.
Mi rendo conto che da quando ho introdotto questa pubblicità è cambiato anche il mio rapporto con i weblog che formano la mia quotidiana rassegna stampa. Se trovo un articolo interessante, se un intervento mi ha illuminato, cerco di individuare un banner o simile e ci clicco sopra.

Non renderò questo collega “ricco”, ma è comunque un piccolo segno di gratitudine per quell’idea che a me non era venuta.

Anche questo è web 2.0?